Un ponte in Brasile, una rosa e una medaglia in Italia
Agli eroi si fanno monumenti, si dedicano targhe, si innalzano mausolei. Succede di solito poco dopo la morte, quando il rimpianto o per lo meno l’omaggio è ancora di circostanza. Poi ci sono gli eroi dimenticati, o riscoperti quando le loro gesta prendono, finalmente, un senso in una storia rinnovata, strumentale che sia o meno. Il ponte dedicato ad Ana Maria de Jesus Ribeiro, Anita, non ripropone solo un ricordo, introduce la memoria della giovane in un’opera moderna, funzionale ai bisogni della cittadinanza, modello di architettura in un paesaggio che la sua bellezza adorna.
Anita è ancora oggi simbolo di valori e fatti che nella storia di Laguna, del Brasile tutto, sono vivi e noti ai cittadini. Un fenomeno straordinario in quanto non vi è dubbio che, nei primi decenni successivi alla sua morte, Anita sia entrata solo di sfuggita, nei libri di storia, come compagna di Giuseppe Garibaldi. Legata più alla storia della immigrazione portoghese prima, italiana poi, nel sud del Brasile; lasciato il Brasile poi l’Uruguay per seguire il Generale in Italia. Lei difficilmente poteva essere ricordata nella terra natìa se non quando le gesta di Garibaldi e dei suoi compagni entrarono a fare parte della storia stessa del Brasile. La rivoluzione farroupilha era, volendo fare un sorvolo azzardato, una piccola guerra di Secessione sulla quale si fondò l’unità del Brasile. Ed ecco che il protagonista più celebre dell’Unità d’Italia si ripropone al mondo con una compagna, moglie, soldato, martire, brasiliana. La storia del Brasile che manca singolarmente di figure femminili, ha bisogno di lei. Ma la sua luce non si spegne, dopo che le dittature di Mussolini e di Getulìo Vargas l’avevano strumentalizzata al massimo, perché lei è entrata ormai in un’altra dimensione, quella della donna che, italiana o brasiliana che sia, conduce la lotta per la vita non solo accanto al suo uomo ma con gli uomini, uguale a loro, come saranno le donne seppur lontane dalle trincee durante la Grande Guerra, come lo saranno le donne combattenti nella Resistenza durante il secondo conflitto mondiale. E poi il mondo ripropone oggi un’altra tragedia femminile, quella dell’emigrazione, che colpisce uomo e donna, in pari modo, nella ricerca di un futuro migliore ma prima ancora in fuga davanti all’oppressione e all’ingiustizia.
Anita, la ragazzina quattordicenne che sposa il concittadino, lasciando la casa dei suoi che, se è come si dice, una capanna su palafitte a Morrinhos, è oggi frazione della bella, importante, fiorente città di Laguna, Anita che s’innamora di un altro, che fugge con lui, da il suo nome da sposa, nome d’arte se si vuole, non solo al ponte di Laguna ma ad un infinità di luoghi, strade, edifici, nel mondo intero, persino ad un fiore, a poesie, a medaglie, a musiche, ha le sue “guardiane a cavallo” che fanno scorta all’anima leggera e romantica, le sue feste in ogni luogo, specialmente nella Romagna che ne ha cullato dall’ora della morte il ricordo…ebbene non è solo una pagina di storia, è presente tra noi con l’opera più bella della civiltà umana, i ponti, antichi come l’umanità, a testimoniare della nostra conquista non violenta dei fiumi e della libertà di muoversi, di conoscere, di civilizzare.
L’incontro della nostra Associazione con Adilcio Cadorin, allora Sindaco di Laguna, rinnovato tante volte ed ancora solo 14 mesi fa, sull’orlo della pandemia, per preparare l’inaugurazione del ponte, per piantare Rose di Anita, per discutere anche del Bicentenario di Anita che sarà diverso ma si celebrerà, ha dimostrato che una memoria non si compra, nemmeno con gradi opere: o vive o è solo un nome. Anita vive, ringrazia le autorità con l’eleganza della sua figura snella, quella del monumento a lei dedicato da Laguna, come emblema di un futuro giovane come il Brasile, come lo fu e lo rimane l’Italia migliore, la giovine Italia: un futuro che ci chiede, ci esorta a attraversare molti fiumi, con molti ponti, ad andare verso terre e uomini nuovi, con tanti timori, senza paura. (A.G.J.)